Assai complessa per varietà di manifestazioni, l’arte africana antica si suole convenzionalmente dividere in tre gruppi.
Arte africana antica
Al primo gruppo appartengono le testimonianze di arte preistorica dell’Africa settentrionale, rinvenute sui rilievi dell’Atlante, del Tassili e in vari zone montuose del deserto del Sahara, e dell’Africa meridionale, comprendenti centinaia di raffigurazioni policrome, incise o dipinte su roccia, di soggetto animale e improntate a uno spiccato realismo.
Il secondo gruppo è quello delle culture archeologiche, fiorite prima dello stabilirsi di relazioni con l’Europa.
Tra le espressioni migliori rientrano le grandiosi rovine rhodesiane di Zimbabwe, risalenti al VIII-XV secolo, e l’arte plastica sviluppatasi dall’XI al XVII secolo nella zona compresa tra il golfo di Guinea e il Sahara meridionale, particolarmente nei centri di Ife e Benin, con figurine umane o animali in pietra e in terracotta, piccoli bronzi, avori, dove realismo e schematizzazione si fondono mirabilmente.
Le manifestazioni artistiche contemporanee, volte alla continuazione o al recupero di espressioni autoctone, costituiscono il terzo gruppo.
Si possono distinguere tre aree stilistiche di produzione e precisamente la regione centro-occidentale, la regione del golfo di Guinea e la zona delle culture dei Bantu, che comprende le popolazioni di Congo, Angola, Camerun e Tanganica, la cui produzione è ispirata ad un realismo idealizzato che è la più esemplare manifestazione dello spirito africano.
Materiale preferito nella produzione contemporanea è il legno, ma non mancano bronzo e avorio, con cui sono lavorate le grandi maschere e le piccole statue, in genere collegate a riti magici e al culto dei morti, opere considerate come la manifestazione più tipica dell’arte nera.