Andringitra: catena e parco nazionale del Madagascar

Un susseguirsi di forme scollegate tra loro, dove le fantasiose sfumature dei minerali create dalle acque contrastano con i colori argentei delle rocce di questa catena montuosa del Madagascar, tra eriche simili ad alberi e meravigliose orchidee.

Parco nazionale di Andringitra

Situata poco più a nord del Tropico del Capricorno e a un centinaio di chilometri dall’Oceano Indiano, questa catena montuosa è lunga 62 km e larga mediamente 3 km, la vetta maggiore è costituita dal Picco Body con i suoi 2658 metri.

Assottigliata alle sue estremità, la catena scompare a sud, nei pressi del colle di Ivohibe, poi si innalza di nuovo, assumendo le sembianze di un picco che si eleva fino a 2069 metri.

A nord essa si frammenta in una serie di gigantesche cupole fino all’ansa del fiume Zomandao.

Praticamente l’Andringitra rappresenta l’elemento maggiore che limita le Alte Terre dell’Est.

Nel passato quest’alta barriera è stata un rifugio per le popolazioni Betsileo delle terre basse, quando dovevano ripararsi dalle incursioni dei Sakalava o dei Merina.

La struttura dell’Andringitra è abbastanza semplice, con la lama di sienite o di granito che si differenzia da nord a sud, lasciando all’erosione differenziale la possibilità di agire sui banchi più duri, caratterizzati da fratture longitudinali o disposte a raggiera.

Il maggiore interesse naturalistico è costituito dai particolare morfologici e dalla presenza di vegetazione a varie quote.

Da nord a sud sono presenti varie unità morfologiche, dai grandi monoliti del nord, che raggiungono i 500 metri di altezza, ai bastioni del centro, oltre al crinale montagnoso del sud e al picco di Ivohibe all’estremo sud.

A seconda che la si esplori da est o da ovest, la montagna mostra grandi contrasti.

La porzione centrale conferisce un senso al nome della catena, in quanto Andringitra significa deserto di pietre.

Infatti essa è costituita da un insieme di masse modellate da una fortissima erosione, fattore che a molti ricorda le Dolomiti.

Questo sbarramento costituisce un fronte d’urto per i venti alisei che gli portano umidità, grazie alle abbondanti piogge annuali.

Cupole e bastioni presentano scarpate per un dislivello di alcune centinaia di metri, dove il deflusso delle acque ha scavato profondi solchi.

Sono queste scanalature naturali che rendono l’aspetto della montagna insolito, alimentando la fantasia delle popolazioni e suscitando l’interesse dei turisti.

Solo l’Itatiaia, in Brasile, con le sue Agulhas Negras, è in grado di reggere il confronto, nonostante lo sviluppo inferiore.

I bacini e le sfingi di pietra si moltiplicano al livello delle fratture o dei cambiamenti di materiale.

La parte occidentale, al contrario, è una lunga schiena d’asino che la foresta invade e gradatamente ricopre.

Il susseguirsi della vegetazione tra i 1000 e i 2500 metri riproduce, in miniatura e a una quota inferiore di 2000 metri, quello che si riscontra nei giganti dell’Africa Orientale.

La foresta ombrifera ricca di orchidee cede il posto a una fitta formazione, dove abbondano le magnifiche ghirlande dell’usnea.

Oltre i 2000 metri ha inizio la brughiera, dove cresce rigogliosa l’erica, avente forma simile a un albero, che raggiunge un minimo di 3 metri per arrivare a un massimo di 5.

Il deserto pietroso centrale ospita un tappeto di piante sempreverdi che fioriscono nel mese di settembre, procedendo oltre si entra nella zona fredda, dove il gelo si fa sentire per l’intera stagione secca, che si estende da luglio a ottobre.

Nel 1925 Perrier de la Bathie ottenne dall’amministrazione francese che questo luogo fosse dichiarato protetto, istituendo una riserva naturale estesa per 35000 ettari.